La fine di un …..Rito

Il cibo, il pasto come eloquente segno di civiltà, dello stare insieme per uno scopo che non è semplicemente ‘il mangiare’ ma il mangiare secondo una modalità formale, in alcuni casi rituale, scandito da un ritmo con un inizio, con una fine e con delle regole che spesso definiamo di buona educazione o convenzioni. Tutti i sensi coinvolti, dal profumo, all’odorato, al gusto, la sua preparazione, la messa in tavola, il suo essere consumato, fanno del cibo uno star insieme celebrativo. Il cibo non è solo ( o di certo non è più almeno per la maggioranza di noi occidentali) un mezzo di sola sopravvivenza. Il cibo di una nazione è espressione della sua cultura che riunisce in sé pratiche economiche, simboliche e sociali con cui interagisce e si trasforma. Cucina e identità nazionale sono intrinseche e collegate nella società, nel patrimonio di un paese e di un popolo, diremo nel DNA. Che queste derivino da storia o da mito costruito “ad hoc”, poco importa.

L’elemento che più attira l’interesse verso il cibo e l’alimentazione è senza dubbio l’aspetto rituale.

Si può definire il rito come un insieme di atti e pratiche, il cui ripetersi va a formare e stratificare nel tempo i modelli culturali di una data società. Esso svolge nel medesimo tempo una funzione di trasmissione dei valori e delle consuetudini, di istituzionalizzazione dei ruoli, di riconoscimento dell’identità e di coesione sociale.

Il rituale principale connesso al cibo – degno di maggiore considerazione – è quello della sua assunzione nella forma del consumo in comunità. La “commensalità”, essenziale al consumo del cibo, fonda il senso di appartenenza ad una determinata comunità o gruppo sociale: nella sua forma ritualizzata crea all’interno del gruppo ordine, distanze, gerarchie, ruoli e divisioni.

Certamente oggi le abitudini sono molto cambiate. Si assiste a quel fenomeno che gli antropologi chiamano “deritualizzazione del cibo”, poiché il pasto e le sue valenze sacre e simboliche si stanno gradualmente destrutturando e disperdendo a favore di una sempre maggiore assenza di regole, di luoghi, di tempi e spazi comuni dedicati alla consumazione del cibo. È il fenomeno diffuso del fast food, del mangiare in piedi, da soli, in auto, davanti ad uno schermo senza accorgersene.

Il consumo alimentare nella società moderna non si limita più ad una pratica legata a logiche della convivenza, abitudine, e della salute, ma sfocia in un più edonistico rituale estetico che inquadra il cibo in una dimensione di emozioni e passioni cariche di valenze simboliche ed ereditarie.

Tutto questo ci è mancato per tutto il periodo di quarantena e ci mancherà probabilmente per i prossimi mesi; infatti, una serie di prescrizioni da adottare a causa delle tematiche coronavirus, non aiuteranno lo svolgimento del sacro rito di cui trattiamo. Distanziamento sociale, barriere in plexiglass, camerieri in mascherina ecc. minano le basi per un ideale suo svolgimento che si basa sull’unione, la condivisione, l’estetica. Il rito si trasforma quindi, più ordini da casa magari, da consumare con amici e parenti, senza i momenti del reperimento degli ingredienti e della preparazione (ridotta al minimo), per non parlare del recupero di una dimensione casalinga a sfavore di luoghi identificati per il consumo di cibo. Un po’ quello che succede nei food reality dove dal linguaggio del cibo e dalle sue liturgie mancano alcune componenti essenziali.

O siamo tutti dentro una Matrix enogastronomica? http://www.gestioneecontrollo.com

***Voglio ringraziare il Prof. Spiandorello dell’ IPS C. Musatti di  Dolo che con le sue lezioni ha certamente contribuito alla stesura di questo contributo.***

Pubblicato da Dario Pignatelli

Sono un professionista della ristorazione con vasta esperienza nella organizzazione, gestione e controllo di attività ristorative anche complesse, multi-outlet e multi site indirizzate a vari mercati quali: ristorazione classica, alberghiera, catering navale, aereo e a bordo treni, e eventi. Applico soluzioni complesse a problemi complicati e le più moderne tecniche per accrescere la redditività delle aziende ristorative, oltre a soluzioni già sperimentate in oltre 25 anni di esperienza.

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