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Processi comuni (mezzo gaudio)

Con questo contributo usciamo un po’ dai ragionamenti relativi alla ristorazione classica ed alberghiera e cerchiamo di dare un taglio più “industriale”.

Infatti la ristorazione grandi numeri vive, ancor più della “ortodossa” di organizzazione e di processi. Pensate ai numeri che ogni giorno vengono prodotti dai segmenti di collettiva, industriale, in viaggio ecc.

Sarebbe impossibile realizzarli o almeno molto pericoloso farlo senza organizzazione, procedure, processi.

Quelli più comuni alle aziende di produzione catering sono:

Approvvigionamento dei materiali: L’azienda deve acquistare gli ingredienti necessari per la preparazione dei piatti pronti. Ciò implica la ricerca di fornitori affidabili, la negoziazione dei prezzi e la gestione degli ordini. Questo è il processo acquisti.

Ricezione e stoccaggio delle materie prime: Una volta consegnati, gli ingredienti vengono controllati per garantire la loro qualità e sicurezza. Successivamente, vengono immagazzinati in modo adeguato in magazzini o frigoriferi per evitare la contaminazione o il deterioramento. Processo magazzini.

Preparazione degli ingredienti: Gli ingredienti vengono lavorati e preparati secondo le ricette specifiche. Ciò può includere la pulizia, la sbucciatura, il taglio e la cottura degli alimenti, nonché la preparazione di salse, condimenti o marinature. Processo cucine.

Assemblaggio dei piatti: I vari ingredienti preparati vengono assemblati per creare i piatti pronti. Questo può comportare la misurazione delle porzioni, la disposizione degli alimenti in contenitori o imballaggi appropriati e l’aggiunta di eventuali condimenti o decorazioni. Processo cucine.

Cottura o riscaldamento: A seconda del tipo di piatto pronto, potrebbe essere necessaria una fase di cottura finale per garantire che il cibo sia sicuro da consumare o per riscaldare i piatti pronti congelati o refrigerati. Processo cucine.

Controllo di qualità: Durante e dopo il processo di produzione, vengono effettuati controlli di qualità per garantire che i piatti pronti rispettino gli standard stabiliti. Ciò può includere test sensoriali, analisi microbiologiche e ispezioni visive. Processo qualità.

Imballaggio e confezionamento: I piatti pronti vengono confezionati in modo appropriato per la distribuzione. Ciò può comportare l’utilizzo di contenitori monoporzione, vaschette sigillate o imballaggi sottovuoto, a seconda delle esigenze del prodotto. Processo confezionamento.

Etichettatura e codifica: Ogni imballaggio viene etichettato con informazioni essenziali come l’elenco degli ingredienti, le informazioni nutrizionali, le istruzioni per la conservazione e le date di scadenza. Inoltre, potrebbero essere applicati codici di tracciabilità per monitorare il percorso del prodotto. Processo qualità.

Conservazione e distribuzione: I piatti pronti vengono conservati in modo appropriato prima della distribuzione. Possono essere refrigerati, congelati o conservati a temperatura ambiente a seconda delle raccomandazioni del prodotto. Quindi, vengono distribuiti ai punti vendita, come supermercati o ristoranti, per la vendita al consumatore finale. Processo logistica.

Gestione delle scorte e ri-approvvigionamento: L’azienda monitora costantemente le scorte dei piatti pronti e dei loro ingredienti per garantire una disponibilità continua. Vengono effettuate previsioni di vendita e piani di ri-approvvigionamento per evitare carenze o sprechi. Processi magazzino/acquisti.

Questi sono solo alcuni dei processi comuni nelle aziende di produzione di piatti pronti/catering/ristorazione, e possono variare a seconda della tipologia di prodotto e delle pratiche specifiche dell’azienda. 

Organizzare i processi ed i relativi “process owners” non è una cosa difficile, ma necessita di osservazione e di tempo dedicato; e come sempre se non puoi farlo da solo chiedi aiuto ad un professionista.

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Dieci tecniche per aumentare la redditività del tuo ristorante

Come facciamo solitamente, condividiamo con questo contributo, alcune regole da implementare nel mondo reale della ristorazione.

Seppure alcune di queste azione siano consigliate addirittura “a monte” e quindi in fase di stesura del business plan, anche se intraprese in corsa, comunque apporteranno benefici tangibili nel breve e medio termine.

Lo studio di mercato: Analizza il tuo mercato di riferimento per identificare le tendenze, le preferenze dei clienti e le opportunità di crescita.

Adotta un menù attraente: Crea un menù che offra una varietà di piatti gustosi e interessanti, tenendo conto delle tendenze alimentari attuali.

La gestione delle porzioni: Ottimizza le dimensioni delle porzioni per ridurre gli sprechi e massimizzare i profitti.

Il controllo dei costi: Monitora attentamente i costi degli ingredienti, delle forniture e del personale per identificare potenziali risparmi.

Un marketing efficace: Utilizza strategie di marketing mirate, come pubblicità online, social media e programmi di fedeltà, per attirare nuovi clienti e mantenere quelli esistenti.

Una esperienza cliente superiore: Offri un servizio cordiale, un’atmosfera accogliente e un’esperienza gastronomica di alta qualità per fidelizzare i clienti e ottenere recensioni positive.

Le offerte speciali: Organizza promozioni, sconti o eventi tematici per incentivare le visite durante periodi di minor affluenza.

Le collaborazioni locali: Stabilisci partenariati con altre attività locali, come hotel o negozi, per creare pacchetti o offerte speciali che possano attrarre più clienti.

La gestione delle prenotazioni: Ottimizza il sistema di prenotazione per massimizzare l’occupazione del ristorante e ridurre i tempi morti.

Il monitoraggio delle prestazioni: Tieni traccia delle metriche chiave, come il margine di profitto, il costo del lavoro, il FC, e la rotazione del personale, per identificare aree di miglioramento e prendere decisioni informate.

Come sempre ricorda che ogni ristorante è unico, quindi adatta queste tecniche alle tue esigenze specifiche e sii disposto a sperimentare per trovare la strategia migliore per il tuo business. 

Se non sai o non puoi farlo, contatta un professionista.

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Lean management nella ristorazione: Cosa?

Il Lean Management è una filosofia di gestione che, in parole povere, si concentra sull’eliminazione degli sprechi e sull’ottimizzazione dei processi. Può essere applicato con successo anche nel settore della ristorazione, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza operativa e la soddisfazione del cliente. Ecco alcuni cenni sul Lean e alcune applicazioni pratiche nella ristorazione:

Identificazione degli sprechi: Il Lean Management si concentra sull’individuazione e l’eliminazione degli sprechi. Nella ristorazione, ciò può includere sprechi di cibo, tempo di attesa dei clienti o sovrapproduzione di cibo. Identificare queste aree di spreco è il primo passo per migliorare l’efficienza.

Miglioramento continuo: Il concetto di miglioramento continuo è fondamentale nel Lean. Ciò significa che i processi devono essere costantemente valutati e ottimizzati per ridurre gli sprechi. Ad esempio, è possibile ridurre i tempi di attesa dei clienti ottimizzando il flusso di lavoro nella cucina o semplificando il processo di ordinazione.

Gestione dell’inventario: Il Lean promuove una gestione dell’inventario efficiente per evitare sprechi e ridurre i costi. Ad esempio, è possibile utilizzare tecniche come la rotazione delle scorte o il just-in-time per evitare la sovrapproduzione o l’accumulo di ingredienti inutilizzati.

Coinvolgimento dei dipendenti: Nel Lean, si dà grande importanza al coinvolgimento dei dipendenti perché sono loro a conoscere meglio i processi e possono fornire preziose idee per migliorarli. Coinvolgere il personale nella definizione dei processi e nell’implementazione di miglioramenti può portare a risultati significativi.

Standardizzazione dei processi: Il Lean promuove la standardizzazione dei processi per garantire coerenza e ridurre gli errori. Ad esempio, stabilire procedure standard per preparare determinati piatti o servire i clienti può migliorare l’efficienza e garantire una migliore esperienza per il cliente.

Trasporto, scorte, movimentazione inutile, tempi di attesa, sovrapproduzione, eccesso di lavorazione, scarti e skills dei lavoratori ignorate, sono le aree di spreco identificate da questa tipologia di approccio.

In pratica effettuiamo queste facili azioni e focalizziamoci su quelle che portano maggiori benefici tangibili.

Analisi del flusso di lavoro: Analizzare il flusso di lavoro nella cucina e nel servizio per identificare eventuali ostacoli o rallentamenti. Apportare modifiche per migliorare l’efficienza e ridurre i tempi di attesa dei clienti.

Mappatura del valore: Utilizzare la mappatura del valore per identificare il valore che i clienti cercano e ridurre o eliminare le attività che non aggiungono valore. Ciò può portare a una migliore focalizzazione sulle esigenze dei clienti e alla rimozione di processi superflui.

Gestione visuale: Utilizzare strumenti visivi come lavagne o grafici per monitorare le prestazioni, identificare i problemi e comunicare le informazioni importanti in modo rapido ed efficace a tutto il personale.

Promuovere la cultura del miglioramento continuo coinvolgendo il personale nella generazione di idee e nell’implementazione di piccoli miglioramenti giornalieri. Questo può aiutare a identificare e risolvere i problemi in modo tempestivo.

Riduzione degli sprechi alimentari: Utilizzare tecniche di previsione della domanda e di gestione degli inventari per ridurre gli sprechi alimentari. Ad esempio, monitorare gli avanzi e regolare le quantità di ingredienti in base alla domanda effettiva.

Organizzare sessioni di miglioramento intensivo, noto come Kaizen Blitz o Rapid Improvement Events, in cui il personale si riunisce per risolvere un problema specifico o implementare un miglioramento in un breve periodo di tempo. Questo può accelerare il processo di cambiamento e ottenere risultati rapidi.

Standardizzazione delle ricette: Creare ricette standardizzate e procedure di preparazione per garantire coerenza nella qualità del cibo e stabilità del prodotto offerto. Ciò permette di ridurre gli errori e garantire che i clienti ottengano sempre la stessa esperienza.

Coinvolgimento del cliente: Coinvolgere attivamente i clienti per ottenere feedback e idee per il miglioramento. Chiedere loro di compilare sondaggi di soddisfazione, incoraggiare le recensioni online e tenere in considerazione i loro suggerimenti per apportare modifiche efficaci.

Queste sono solo alcune (e ovviamente non si esauriscono qui) delle molte applicazioni pratiche del Lean Management nel campo della ristorazione. Ogni ristorante può adattare e implementare queste pratiche in base alle sue esigenze specifiche per migliorare l’efficienza, la qualità e la soddisfazione del cliente. 

Non improvvisate, se nn sapete come fare interpellate un esperto.

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La formazione, a chi l’ha visto?

Oggi parliamo di un aspetto ampiamente sottovalutato nel nostro settore e poche sono le aziende che, capendone l’importanza, sottopongono i propri collaboratori a formazione (continua e on the job), aggiornamento, ma anche in lingue straniere ecc.

La formazione del personale nella ristorazione è fondamentale per garantire un servizio di qualità e una buona esperienza per i clienti. Ecco 10 punti chiave da considerare per la formazione del personale, e che nessuna azienda ristorativa che voglia rimanere competitiva, può sottostimare:

Onboarding: Assicurarsi di fornire una formazione completa durante il processo di inserimento dei nuovi dipendenti. Presentare loro la cultura aziendale, le politiche, le procedure e le aspettative di lavoro. Offrire un’adeguata introduzione al menu, alle ricette e ai metodi di preparazione dei piatti.

Sicurezza alimentare: La sicurezza alimentare è di primaria importanza. Assicurarsi che tutto il personale sia formato sulle norme igieniche, sulle pratiche di conservazione degli alimenti, sulla manipolazione sicura degli utensili e degli ingredienti, e sulla prevenzione delle contaminazioni.

Servizio al cliente: Formare il personale per offrire un servizio cortese, attento e professionale. Insegnare loro le abilità di comunicazione efficace, l’ascolto attivo e la gestione delle lamentele dei clienti. Evidenziare l’importanza di un approccio orientato al cliente e di creare un’atmosfera accogliente.

Conoscenza del menu: Assicurarsi che tutto il personale sia ben informato sul menu, compresi gli ingredienti, le allergie alimentari e le opzioni vegetariane o senza glutine. Ciò permette loro di rispondere alle domande dei clienti, fornire raccomandazioni e suggerimenti appropriati. In tempi remoti era il Maître che nel briefing pre-servizio spiegava i piatti nuovi, gli speciali, quelli da spingere e magari interrogava il personale di sala sull’offerta F&B.

Competenze tecniche: Formare il personale sulle competenze tecniche necessarie per svolgere le loro mansioni in modo efficiente. Ciò può includere la preparazione di specifici piatti, l’utilizzo di attrezzature da cucina, le tecniche di servizio e le competenze di bar, se applicabile.

Teamwork: Insegnare al personale l’importanza del lavoro di squadra e come collaborare efficacemente con i colleghi. Promuovere la comunicazione aperta, la condivisione delle responsabilità e l’aiuto reciproco per garantire un ambiente di lavoro armonioso e una buona esperienza per i clienti.

Aggiornamenti e addestramento continuo: La formazione non dovrebbe essere un evento unico, ma un processo continuo. Organizzare sessioni di formazione periodiche per mantenere il personale aggiornato sulle nuove pratiche, sulle tendenze del settore e sulle nuove tecniche culinarie.

Ruoli specializzati: Se ci sono ruoli specializzati come chef, sommelier o barista, assicurarsi che il personale riceva una formazione specifica per svolgere con competenza tali mansioni. Ciò può includere corsi di specializzazione o l’invio del personale a programmi di formazione esterni.

Simulazioni: Utilizzare simulazioni e roleplay per consentire al personale di praticare situazioni “reali” e affinare le proprie abilità. Ad esempio, esercitarsi nella gestione di situazioni di conflitto o nel fornire un servizio eccellente anche durante i periodi di picco.

Feedback e valutazione delle prestazioni: Fornire feedback regolare ai dipendenti e valutarne le prestazioni. Riconoscere i successi, fornire consigli per il miglioramento e stabilire obiettivi di crescita individuale. Ciò contribuirà a mantenere il personale motivato e impegnato nel loro sviluppo professionale.

La formazione del personale nella ristorazione richiede tempo e impegno, ma può fare la differenza nell’elevare la qualità del servizio offerto e nel soddisfare le aspettative dei clienti. 

Come sempre, se non sapete come fare, rivolgetevi ad un esperto.

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Consigli pratici per realizzare un food cost sostenibile

Come facciamo spesso condividiamo consigli pratici che possano aiutarci nel settore sempre più competitivo della ristorazione.

Riuscire ad ottenere un food cost che possa rientrare in parametri “accettabili” con la contingente situazione economica (inflazione, aumento materie prime, costi energetici ecc.) non è semplice. La percentuale ideale sarebbe tra il 30 ed il 35% che molto spesso viaggia se non supera il 40%.

Per il raggiungimento dei parametri giusti vado a elencare alcuni consigli pratici che, se applicati con costanza, non possono che aiutare ad andare in questa direzione. Sono elencati in ordine sparso e starà a voi individuare i prioritari per la vostra attività ristorativa.

Ottimizzare la gestione delle scorte per ridurre gli sprechi e massimizzare l’utilizzo degli ingredienti. Attenzione agli ingredienti che “dormono” nei frigo e poi scadono diventando inutilizzabili e rappresentano un costo secco.

Cercare fornitori con prezzi più competitivi o opzioni di acquisto all’ingrosso. Questo è un processo continuo che necessita di scouting costante delle migliori condizioni.

Valuta i prezzi dei piatti e assicurati che siano in linea con i costi degli ingredienti.

Assicurati che le porzioni siano consistenti e controllate per evitare sprechi o porzioni troppo generose. Meglio ancora standardizzare le ricette in termini di quantità, metodi di cottura, ingredienti e presentazione.

Tieni traccia dei prezzi dei tuoi ingredienti chiave e controlla regolarmente le fluttuazioni del mercato. In questo modo, sarai consapevole delle variazioni dei costi e potrai apportare eventuali aggiustamenti al menu o alle porzioni.

Analizza periodicamente il menu per identificare piatti che potrebbero essere costosi da produrre o che non vendono abbastanza. Sii disposto a rimuovere o modificare questi piatti per migliorare l’efficienza dei costi.

Fornisci un’adeguata formazione al personale sulla preparazione delle ricette e sul controllo delle porzioni. Insegnagli l’importanza di ridurre gli sprechi e di utilizzare gli ingredienti in modo efficiente.

Incoraggia il personale a ridurre gli sprechi di cibo attraverso pratiche come l’utilizzo degli avanzi in nuovi piatti o la corretta conservazione degli ingredienti.

Analizza i dati di vendita: Utilizza software di analisi per monitorare le vendite dei piatti e identificare quelli più redditizi. Questo ti aiuterà a prendere decisioni informate sul menu e a concentrarti sui piatti che generano maggiori profitti.

Cerca modi per ottimizzare le operazioni in cucina, come l’organizzazione degli spazi, l’uso di attrezzature efficienti e la pianificazione delle attività per ridurre i tempi morti e migliorare l’efficienza complessiva.

Chiedi al personale di cucina di contribuire con idee e suggerimenti per ridurre i costi e migliorare l’efficienza. Il coinvolgimento dei dipendenti può portare a soluzioni creative e a un maggior impegno nel raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei costi. Ricorda che le soluzioni condivise sono quelle più durature.

Ricorda che mantenere stabile il food cost richiede un monitoraggio costante e una gestione attenta. Continua a valutare e adattare le tue strategie in base alle esigenze e alle sfide del tuo ristorante. 

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Project management ed eventi di successo.

Il project management svolge un ruolo fondamentale nell’organizzazione di eventi di successo. Ecco alcune delle ragioni per cui il project management è importante in questo contesto:

Pianificazione efficace: Il project management consente di pianificare in modo sistematico e dettagliato tutte le attività coinvolte nell’organizzazione dell’evento. Ciò include la definizione degli obiettivi, la determinazione delle scadenze, la stesura del budget, l’identificazione delle risorse necessarie e la creazione di un piano d’azione. Una pianificazione efficace riduce il rischio di errori e problemi imprevisti durante l’evento.

Coordinamento delle risorse: Gli eventi richiedono una varietà di risorse, come personale, fornitori, attrezzature, spazi e materiali. Il project management aiuta a coordinare e gestire queste risorse in modo efficiente. Ciò include l’assegnazione dei compiti, la gestione delle scadenze, la negoziazione con i fornitori, la gestione dei contratti e la supervisione generale delle attività.

Monitoraggio e controllo: Il project management consente di monitorare costantemente lo stato e l’avanzamento dell’organizzazione dell’evento. Ciò include il monitoraggio dei budget, la gestione dei rischi, l’identificazione dei problemi e l’implementazione delle misure correttive. Il monitoraggio e il controllo regolari aiutano a garantire che l’evento venga realizzato secondo le aspettative e gli standard desiderati.

Gestione dei rischi: Gli eventi possono essere soggetti a numerosi rischi, come ritardi, cancellazioni, problemi tecnici, cambiamenti climatici e questioni di sicurezza. Il project management identifica e valuta i rischi potenziali e sviluppa piani di mitigazione per affrontarli. Ciò include l’implementazione di misure preventive, la pianificazione di alternative e la gestione delle crisi se si verificano imprevisti.

Teamwork e comunicazione: L’organizzazione di eventi coinvolge spesso un team multidisciplinare di professionisti provenienti da diverse aree. Il project management favorisce il lavoro di squadra, facilitando la comunicazione, la collaborazione e la condivisione delle informazioni tra i membri del team. Ciò aiuta a garantire un flusso di lavoro efficiente e una sincronizzazione delle attività.

Valutazione dei risultati: Dopo la conclusione dell’evento, il project management consente di valutare i risultati e l’efficacia delle attività svolte. Ciò include la raccolta di feedback dai partecipanti, l’analisi dei dati di partecipazione, la valutazione dei costi e dei benefici, nonché la documentazione delle lezioni apprese per migliorare l’organizzazione di futuri eventi.

In breve, il project management svolge un ruolo essenziale nell’organizzazione di eventi grazie alla sua capacità di pianificare, coordinare, monitorare, gestire i rischi e valutare i risultati. Aiuta a garantire che l’evento si svolga in modo efficiente, soddisfi gli obiettivi prefissati e offra un’esperienza positiva ai partecipanti. 

Alla fine sarà anche vero che un evento è un evento, ma organizzare un lancio di un prodotto è ben diverso da organizzare il compleanno della propria figlia. Come sempre il consiglio è: rivolgetevi ad un esperto.

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Le Neuroscienze Applicate alla Ristorazione: L’Arte di Soddisfare il Palato e il Cervello

Le neuroscienze, lo studio del sistema nervoso e del cervello umano, stanno guadagnando sempre più interesse in diversi ambiti, non esclusa, la ristorazione. La scienza ha dimostrato che le esperienze culinarie non si limitano solo al gusto, ma coinvolgono anche il cervello, influenzando le emozioni, le percezioni sensoriali e persino le decisioni di acquisto. Qui esploreremo l’applicazione delle neuroscienze alla ristorazione e come i risultati di queste ricerche possano migliorare l’esperienza gastronomica per i clienti.

I sensi svolgono un ruolo fondamentale nella percezione del cibo. La vista, l’olfatto, il gusto, il tatto e persino l’udito possono influenzare la nostra esperienza culinaria. Le neuroscienze ci aiutano a comprendere come questi sensi interagiscono con il cervello per creare una sensazione di piacere o disgusto nei confronti dei cibi. Ad esempio, la presentazione visiva di un piatto può influenzare la nostra percezione del suo sapore, mentre gli odori possono evocare ricordi e suscitare emozioni positive o negative.

Le neuroscienze hanno dimostrato che le emozioni svolgono un ruolo chiave nel consumo di cibo. Le esperienze culinarie possono attivare le regioni del cervello associate alle emozioni, come la felicità o il piacere. I ristoratori possono utilizzare queste scoperte per creare un’atmosfera emozionalmente coinvolgente, attraverso l’uso di luci, musica e decorazioni, al fine di migliorare l’esperienza dei clienti e favorire un’associazione positiva con il cibo.

La presentazione del cibo e l’ambiente circostante possono influenzare la nostra percezione del gusto e della qualità degli alimenti. Le neuroscienze applicate alla ristorazione suggeriscono che la presentazione visiva ed attraente dei piatti, l’uso di colori accattivanti e un ambiente confortevole possono aumentare il desiderio di consumare determinati alimenti e migliorare la soddisfazione complessiva del cliente. Inoltre, la disposizione del cibo nel piatto può influenzare la nostra percezione delle porzioni e la sensazione di sazietà.

La neurogastronomia, un campo interdisciplinare che combina la neuroscienza e la gastronomia, sta aprendo nuove prospettive nel mondo della ristorazione. Gli chef e i ristoratori stanno utilizzando le scoperte delle neuroscienze per creare piatti innovativi che stimolano i sensi e soddisfano il palato in modo unico. Ad esempio, l’utilizzo di texture contrastanti o la combinazione di sapori insoliti possono creare esperienze sensoriali sorprendenti e memorabili.

L’applicazione delle neuroscienze alla ristorazione, non si limitano solo all’esperienza del cliente, ma possono anche influenzare il processo decisionale degli operatori del settore. La comprensione delle preferenze dei clienti e delle loro reazioni a determinati stimoli sensoriali può aiutare i ristoratori a sviluppare menu più efficaci, adattare l’offerta alle esigenze del pubblico e migliorare la fidelizzazione dei clienti.

Le neuroscienze applicate alla ristorazione stanno aprendo nuovi orizzonti nel modo in cui comprendiamo e viviamo l’esperienza culinaria. L’uso di queste conoscenze può aiutare gli operatori del settore, a creare esperienze più coinvolgenti, soddisfacenti ed emozionalmente rilevanti per i clienti. Attraverso l’applicazione delle neuroscienze, la ristorazione può diventare un’arte che non solo soddisfa il palato, ma coinvolge anche il cervello, creando ricordi e sensazioni indimenticabili.

Insomma le neuroscienze ci dicono che la ristorazione è arte. E’ l’ennesima bufala, o…..solo una mozzarella?

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Fifthy-fifthy

Torno, dopo un anno di vicissitudini personali a cercare di animare la discussione su tematiche “calde” nel settore ristorativo.

Siamo tutti d’accordo che chi cerca lavoro vive un momento di difficoltà, di smarrimento e di debolezza. Ma approfittarsi di questa debolezza, mi sembra meschino.

D’altro canto, anche l’azienda che vuole assumere ha una necessità, un problema da risolvere, come troppo spesso capita e vogliono assumere qualcuno che se ne faccia carico e risolva (in pratica un mago, ma pagato come coniglio che esce dal cilindro).

Quindi mi sembra una situazione di parità e come tale una ricerca di lavoro corretta dovrebbe svolgersi.

Mi chiarisco: se con il mio curriculum tu hai tutte le info che mi riguardano e quelle non scritte me le chiedi in fase di colloquio, quanto meno mi aspetto di conoscere l’offerta relativa alla mansione anche se non in fase di primo contatto, ma non concepisco il fatto che io faccia centinaia di chilometri più volte per incontrarti e la RAL possa essere considerata come il terzo segreto di Fatima, un mistero.

Già, il primo colloquio.

Con la tecnologia disponibile sarebbe auspicabile, in ultimo anche solo da un punto di vista ecologico/ambientale di farlo in videochiamata ed invece devo sottostare alle manie narcisistiche di un recruiter o di un imprenditore che, dopo che hai fatto kilometri in giro per l’Italia, speso i tuoi soldi per farlo (infatti di rimborsi spese manco a parlarne), e messo in pausa i tuoi impegni, non è che non ti ringrazino per lo sforzo, ma non li senti proprio più, neanche per un riscontro/esito sul colloquio.

Altra cosa che noto si stia diffondendo è la moda degli avvisi “over qualified”. E si miei cari recruiter, agenzie, imprenditori, non solo i candidati lo sono. Prima di cercare qualcuno, sgombrate la mente da ogni retro pensiero, e concentratevi su quello che cercate realmente da una nuova, eventuale risorsa. E non cercate un Operation manager, se poi volete assumere un Maître (esperienza personale).

Ancora: non chiamate candidati solo per riempire le vostre preziose agende o per raggiungere un numero di colloqui minimo giornaliero, abbiate rispetto, se ne volete.

Non cercate nuovi candidati se poi scegliete una risorsa interna, fate esattamente il contrario, valorizzate prima le risorse esistenti, poi, ma solo poi, in caso di esito negativo, aprite una selezione. Mi sembra più logico. E più corretto.

Se cercate un Ingegnere, mi aspetto che chi lo esamini sia equamente formato, ma molto spesso si parla di persone che non hanno chiaro cosa chiederti, e quindi le domande sono sempre le stesse. Si inizia con un “mi parli di lei e delle sue esperienze lavorative”. In pratica tutto quello che dovresti sapere su di me se solo avessi letto attentamente il mio cv.

L’ultima cosa su cui ci sarebbe da sbellicarsi se l’argomento non fosse super serio, sono gli slogan che circolano in  cui la persona è sempre al centro di tutto e viene prima di tutto, salvo non farsi più sentire una volta soddisfatti i bisogni di agenda di cui sopra. Per non parlare del codice etico che tutti sbandierano, ma nessuno realmente applica.

Quelli elencati sono tutti casi vissuti personalmente e nessuno mi può contestare il fatto che queste cose avvengano di continuo.

Bisogna quindi sviluppare tecniche di difesa del tipo: il primo colloquio è sempre meglio farlo online, se non vuoi o sai come farlo, probabilmente non fai per me.

Entro il secondo colloquio bisogna esplicitare la RAL, che essendo parte fondamentale dell’offerta di lavoro complessiva, potrebbe non fare per me. Se l’interlocutore si mantiene reticente sul punto, può cercarsi qualcun altro.

Se il colloquio inizia e si sviluppa per stereotipi, mi parli di lei, mi descriva le sue esperienze lavorative pregresse, difficilmente mi risentirai, sto cercando lavoro e non qualcuno con cui chiacchierare perdendo tempo.

Mi chiami con un numero privato, non ti rispondo. E così via. Solo assumendo questo tipo di posizione potremo cercare di cambiare qualcosa, e di essere rispettati anche quando più deboli.

Mi viene in mente una frase di Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo”, ma poi continua: “La situazione è quindi eccellente”.

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La qualità questa (s)conosciuta


Mi auguro che ciascuno di voi abbia avuto la possibilità di ritagliarsi del tempo per potersi riposare la passata estate e prepararsi al meglio per questo inverno pieno di incognite e di incertezze, ma anche preparatorio ad una stagione, la prossima, che speriamo essere di rilancio. La mia, di vacanza, mi ha dato lo spunto per questo contributo.

Sento molto parlare di qualità nella ristorazione. Sull’onda lunga degli chef pluri-stellati e delle trasmissioni culinarie italiche, tutti propongono, a detta loro, piatti di qualità, vogliono offrirla e se ne riempiono la bocca senza conoscerne veramente il significato. Chiunque abbia un minimo di conoscenza in merito sa che lo schema con il quale si ricerca la qualità si articola in quattro fasi: qualità attesa, programmata, realizzata e percepita. Quindi è una ricerca che parte dal cliente e si conclude con il cliente passando attraverso l’organizzazione (ristorante) che la programma e la realizza.

Ovviamente la qualità nella ristorazione coincide con l’esperienza che si vive durante tutto il tempo in cui si interagisce con l’offerta ristorativa: dal primo contatto, online o di persona, fino al pagamento del conto ed al post con la recensione del locale. In tutti i tipi di ristorazione dalla classica alla collettiva (moderna), alla commerciale. E non è certo, anzi non solo, quello che si mangia. Ma qui si parla di ingredienti, ricette, piatti.

Diciamolo subito, la qualità costa. In termini di materie prime e di realizzazione, infatti un cattivo chef ti può distruggere l’ingrediente più prezioso ed un ottimo chef può nobilitare un elemento povero con la sua maestria, ma la percezione della sua qualità sarà comunque limitata (uno spaghetto al pomodoro, benché preparato da C. Cracco, rimane pur sempre uno spaghetto al pomodoro). Quindi programmare e realizzare una offerta di qualità per un ristoratore parte dallo studio del menu con prodotti che rispondono ai requisiti attesi (qualità, reperibilità, prezzo ecc.) e procede con gli acquisti delle materie prime, propria conservazione e trattamento.

E qui sorge il primo problema per gli imprenditori nostrani (non tutti ma una buona maggioranza), il costo. Tutti vogliono fare le “nozze con i fichi secchi”. E’ così difficile da capire che il prodotto di nicchia, di produzione limitata o con ingredienti particolari debba costare di più del prodotto generalista? E che i risultati siano completamente diversi in termini qualitativi?

Aggiungendo altri argomenti alla discussione possiamo affermare che il prodotto stagionale ha, di partenza, una qualità maggiore, in quanto segue la vita naturale del prodotto e non è cresciuto in serra o in coltivazioni idroponiche , bensì ha assorbito nei tempi giusti i nutrienti dalla terra in cui è cresciuto. Perché dobbiamo mangiare pomodori tutto l’anno e le fragole d’inverno? Questa schizofrenia comportamentale ha fatto si che nazioni (Nord Europa) in cui si direbbero impossibili alcune coltivazioni siano diventate leader di mercato. Coltivazioni che non vedono il sole ed in alcuni casi la terra, che seguono logiche di massimizzazione, di produzione per mq2 e non certo i cicli ed i normali tempi naturali.

Altro elemento che condiziona la qualità è senza dubbio la vita che questo ingrediente/prodotto ha all’interno della nostra struttura, il modo in cui lo trattiamo. Ordinare, ricevere, stoccare, produrre e servire fanno parte di processi interni che influenzano la qualità finale del prodotto. Ovviamente questo monitoraggio e controllo necessita di risorse e quindi rappresenta dei costi, anche questi indigesti ed incompresi da parte di molti imprenditori.

Si faccia la qualità, ma quella vera. Viviamo nel Belpaese e possiamo farlo, di certo non ci mancano ingredienti e condimenti. La nostra biodiversità è la nostra forza: riscopriamo le tradizioni e le cucine regionali e dosiamo le esplorazioni gastronomiche, o meglio indirizziamole maggiormente al nostro territorio di appartenenza. Quanti sanno che in Italia si produce del whisky pluri-premiato? Quanti che produciamo caviale di alta qualità? Sapete che produciamo parmigiano e bresaola con disciplinari approvati Halal per la vendita nei paesi di religione mussulmana? Abbiamo il prosciutto di Parma o il San Daniele, ma produzioni di nicchia dal Veneto, alla Toscana, alla Sicilia.

L’italia è piena di prodotti e produzioni di eccellenza e qualità, quella vera. Riscopriamoli e manteniamoli vivi a scapito del salmone scozzese o del pak choi e della curcuma, contaminazioni certamente importanti, ma che devono miscelarsi ad una solida base locale. Inoltre abbiamo le professionalità, Chef conosciuti in tutto il mondo, professionisti che sanno ospitare, che sono i custodi di quella tradizione di servizio che va lentamente scomparendo e che ci hanno reso famosi nel mondo; che sanno di merceologia e che sanno gestire brigate complesse, ma ai quali troppo spesso vengono preferiti “Giovani neolaureati con esperienza e 3 lingue per 1.200 €/mese” che non possono e non devono avere la capacità di critica, la visione necessaria e la giusta conoscenza per il controllo e la gestione di determinate attività, specialmente complesse. Questa non è qualità, ma pressappochismo tutto italico.

Per quanto riguarda gli ingredienti, quando tutto questo diventa autoreferenziale l’imprenditore pensa di essere il più bravo e, con la tecnica in voga negli anni ’80 secondo la quale i prodotti da presentare al buffet non possano superare i 5 €/K, ti spaccia pesci improbabili verdesca, smeriglio, spinarolo, palombo, gattuccio, mako come di qualità o sostitutivi nelle ricette tipiche, nei carpacci, ma che quasi sempre, secondo ilfattoalimentare.it, nascondono carne di squalo, posizionando l’Italia al quarto posto nel mondo per consumo di questo alimento e leader in Europa. Oppure nelle selezioni di formaggi dove oramai si fatica a trovare prodotti italiani in un tripudio di emmental, fontina, gouda. Il parmigiano lascia la scena a grattugiati misti con carta d’identità dubbia e l’olio E.V.O. si ritira contro l’avanzata degli oli europei. Questa non è qualità, ma il suo contrario, la sua mortificazione.

Per questo è importante non rimanere nel proprio orticello, ma confrontarsi: non chiudersi ma accettare le critiche, avere il coraggio di conoscere e di esplorare. Confrontarsi con professionisti è sempre il consiglio migliore per avere un punto di visto diverso, alternativo, nuovo.

Certo che il professionista costa, ma anche la qualità. www.gestioneecontrollo.com

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LA RISTORAZIONE NELLA FASE 2

La ristorazione sta vivendo un periodo veramente critica, e non è difficile prevedere che molte attività si evolveranno, e come in qualunque altro stravolgimento storico, come quello che stiamo vivendo, sopravviverà chi saprà adattarsi. I locali sono chiusi da mesi e, quando riapriranno, dovranno fare i conti, perché si tratta di un devastante impatto economico, con le misure obbligatorie (linee guida aggiornate www.fipe.it) per evitare il contagio di tutti gli attori coinvolti in queste attività. La resilienza non basta. Servono misure concrete, a fondo perduto, per compensare i mancati incassi fin qui avuti e, inutile rimarcarlo, il tempo è tutto. Per chi non vuole fare la fine dei dinosauri ecco alcuni consigli pratici per dare un contributo, un punto di vista, che credo possa essere utile in questa fase difficile, almeno ad alimentare una discussione:

Consiglio n.1

Attaccate i costi fissi: cercate di spostare le scadenze, rinegoziate gli affitti, i debiti con i fornitori, e tutte le dead line che non tengono conto della drammaticità della situazione. Muovetevi subito per l’attivazione di sussidi, aiuti, cassa integrazione e quant’altro può alleviare le difficoltà. Sembra scontato, ma mai sottovalutare l’attendismo italico.

Adattatevi: adattate la vostra attività ristorativa per poter servire quanti più clienti possibile, perché è vero che le nuove disposizioni ridurranno la capacità di business per il mantenimento della distanza sociale (quindi se avevo 100 posti a sedere ne potrò avere 25/30), ma è anche vero che molte attività ristorative non apriranno ed i clienti (che da recenti indagini di mercato confermano la volontà di uscire e di tornare ad una “nuova normalità) si riverseranno inevitabilmente da chi lo farà. Iniziate a porre in essere le misure che, con un basso impatto economico, vi garantiscono la riapertura. Divisori in plexiglas sui tavoli, demarcazione dei percorsi in ottemperanza alle distanze da mantenere, usate materiale monouso dove potete, ma evitate bicchieri o posate in plastica da mensa, meglio se compostabili, ma se avete tovaglioli in tessuto, sostituiteli con carta o TNT. Intensificate la pulizia e l’igienizzazione degli spazi comuni, e comunicate tutte queste misure ai vostri clienti. Vi darà quel valore aggiunto che può fare la differenza.

La priorità: per continuare a lavorare bisogna farlo in sicurezza dal punto di vista alimentare ed igienico per i tuoi clienti, il tuo personale e per te. Sicuramente il tuo professionista saprà consigliarti circa le procedure e le buone pratiche da adottare in questo senso. Questo è sicuramente un aspetto critico delle operazioni e quindi da non raffazzonare. Ci vuole conoscenza e professionalità.

Diversificate: Diciamo che al momento si vedono all’orizzonte 3 tipi di ristorazione: 1) vado a ristorante e consumo il mio pasto all’interno della struttura. 2) compro al ristorante ma consumo a casa (take away). 3) chiamo da casa ed ordino il mio pasto che consumerò tra le mia mura domestiche (delivery). Aprirei una sotto modalità di fruizione: 3a) posso ordinare il menu già cotto oppure ordinare il kit con gli ingredienti, le istruzioni e le modalità di preparazione e cottura e finalizzare tutto da me. Quindi devo attrezzarmi per poter servire tutti gli scenari sopra elencati avendo una struttura che sia flessibile nell’offerta, magari un bancone tipo gastronomia che possa servire chi consuma in loco, il take away e da cui attingere per le delivery? Un servizio al gueridon per i miei clienti “in house” con lo scopo di eliminare i contatti cameriere/cliente? Sfruttare la tecnologia per i processi di ordini/pagamenti, ma anche solo il cellulare per comunicare tra cassa e cliente può essere una soluzione economica. Strutture con un parcheggio proprio potrebbero riorganizzarlo sul tipo drive-thru, o per spazi molto ampi addirittura riorganizzarli in lotti numerati e servirli come tavoli da ristorante e consumo nei veicoli o da asporto.

Non improvvisate: affidatevi a dei professionisti, il buttarvi in mercati che non conoscete in maniera empirica, potrebbe farvi accorgere che sono molti i costi occulti, per esempio, nel delivery. Il packaging è fondamentale, ma anche il menu è importante e se pensate di usare lo stesso che avevate pre-crisi, siete perdenti, dovete rivedere i vostri processi produttivi ed adattarli ad una modalità di consumo diversa e differita.

Fare rete: uno stabilimento balneare (ma anche un hotel) potrebbe unirsi con gli altri ed ordinare ad un centro di produzione o una dark kitchen porzioni monodose pre ordinate dai propri clienti e da poter consumare direttamente in spiaggia, in hotel, oppure on the go, remunerando la produzione e facendo anche un minimo sacrosanto ricarico, ma abbattendo i costi.

Le soluzioni, gli accorgimenti da prendere sono tanti, vendere in abbonamento pre pagato per fidelizzare i clienti, favorire la sostenibilità e quindi la stagionalità (e l’economicità) delle proposte, riscoprendo una cucina molto più territoriale e se volete povera che può generare interessanti margini, strutturare offerte “family”. Implementare tecniche di cross-selling, acquisti take away e magari ti compri anche i kit necessari per cucinare a casa l’indomani. Riscopriamo con orgoglio il nostro essere italiani e gli italiani, come nessun altro popolo che io conosca, è bravo nella gestione del caos.

Come già anticipato sopra ed in altri contributi bisogna poi saper comunicare le proprie azioni e le proprie scelte, ed è per questo che il consiglio è sempre di affidarsi a professionisti. Mai come adesso chi si ferma è perduto. www.gestioneecontrollo.com

La cucina regionale italiana come strategia di marketing (a basso costo)

Questa estate sono stato in Italia e più precisamente nelle Marche, anche se non ne farei un tema solo di questa regione perché anche in Romagna cambia poco. L’offerta gastronomica che ho trovato è stata deprimente ed appiattita verso il basso. Spaghetti alle vongole, cozze e frittura di pesce con verdure è stata l’offerta da me trovata nell’ottanta per cento dei ristoranti. Il tutto rigorosamente congelato (nonostante sul mare). Ed a prezzi non da buon mercato.

Ed allora parliamo nuovamente di cucina regionale anche come leva promozionale:

La valorizzazione della cucina regionale come strategia di marketing nella ristorazione può essere estremamente efficace. Le cucine regionali offrono una varietà di piatti tradizionali e ingredienti locali unici, che rappresentano un importante patrimonio culturale e culinario.

Promuovere la cucina regionale può attirare l’attenzione dei clienti interessati a scoprire nuove esperienze gastronomiche autentiche. Puoi sfruttare questo aspetto nel tuo marketing attraverso diverse strategie:

Menù dedicato: Creare un menù speciale che metta in risalto i piatti tradizionali della tua regione. Puoi fornire una breve descrizione di ogni piatto, raccontando la storia o le tradizioni che lo circondano.

Utilizzare ingredienti freschi e locali nelle tue preparazioni culinarie può essere un punto di forza. Puoi evidenziare la provenienza degli ingredienti sul menù o comunicarlo al personale di sala per informare i clienti.

Organizzare serate o eventi specifici che celebrano la cucina regionale può attirare un pubblico interessato a esplorare nuove tradizioni culinarie. Ad esempio, puoi dedicare una serata intera ai piatti tipici della tua regione o invitare chef locali per una collaborazione speciale.

Stabilire collaborazioni con produttori locali, agriturismi o enoteche può rafforzare la tua immagine di sostenitore della cucina regionale. Puoi organizzare visite guidate o degustazioni per i tuoi clienti, mettendo in evidenza la filiera di produzione e la qualità dei prodotti locali.

Storytelling: Raccontare la storia della cucina regionale attraverso il tuo sito web, sui social media o tramite materiale promozionale può coinvolgere e affascinare i tuoi clienti. Puoi condividere aneddoti, tradizioni culinarie o ricette tradizionali per creare un legame emotivo con la tua clientela.

La valorizzazione della cucina regionale come parte della tua strategia di marketing può contribuire a differenziarti dalla concorrenza e creare un’esperienza autentica per i tuoi clienti. A costi non di molto superiori a quelli di un offerta massificata, insapore e di bassa qualità, ed alla quale tutti aderiremmo con gioia.

E’ tutto molto semplice, non si tratta di fissione nucleare, ma se non sai come farlo, rivolgiti ad un professionista.

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Revenue per Available Seat: Ottimizza il tuo Ricavo nella Ristorazione

Il Revenue per Available Seat (RevPAR) è un importante indicatore finanziario utilizzato nell’industria della ristorazione per valutare l’efficienza delle entrate generate rispetto alla disponibilità dei posti a sedere. In questo articolo, esploreremo il significato del RevPAR, la sua importanza e come può essere utilizzato per ottimizzare il ricavo nella ristorazione.

Come fare:

 Determinare il periodo di riferimento: Scegliere un periodo specifico, come un giorno, una settimana o un mese, per analizzare il RevPAR.

Calcolare le entrate totali: Sommare il ricavo totale generato durante il periodo selezionato.

Calcolare il numero di posti a sedere disponibili: Determinare il numero totale di posti a sedere nel ristorante.

Calcolare l’occupazione media dei posti a sedere: Dividere il numero totale di clienti serviti per il numero di posti a sedere disponibili e moltiplicare per 100 per ottenere l’occupazione in percentuale.

Calcolare il RevPAR: Dividere le entrate totali per il numero di posti a sedere disponibili per ottenere il RevPAR.

Una volta calcolato il RevPAR, è possibile adottare diverse strategie per ottimizzare il ricavo nel ristorante. Queste possono includere l’ottimizzazione dei prezzi, l’implementazione di offerte e promozioni mirate, la gestione delle prenotazioni e l’analisi dei dati per identificare periodi di bassa occupazione e pianificare iniziative per aumentare la domanda.

Esempio pratico:

La formula per calcolare il Revenue per Available Seat (RevPAR) è la seguente:

RevPAR = Entrate Totali / Numero di Posti a Sedere Disponibili

Per calcolare il RevPAR, come detto, è necessario conoscere le entrate totali generate in un determinato periodo di tempo e il numero di posti a sedere disponibili nel ristorante durante lo stesso periodo.

Ad esempio, se il ristorante ha generato entrate totali di 10.000 euro in un mese e ha 100 posti a sedere disponibili, il calcolo del RevPAR sarebbe:

RevPAR = 10.000 euro / 100 posti a sedere = 100 euro per posto a sedere

In questo caso, il RevPAR sarebbe di 100 euro per ogni posto a sedere disponibile nel ristorante durante il mese considerato. Questo indica che, in media, ogni posto a sedere ha contribuito con 100 euro alle entrate totali del ristorante durante quel periodo. 

Conclusione:
Il RevPAR è uno strumento potente per valutare l’efficienza delle entrate e ottimizzare il ricavo nella ristorazione. Misurare e monitorare attentamente il RevPAR consente ai ristoratori di prendere decisioni informate sulla gestione dei prezzi, l’occupazione dei posti a sedere e le strategie di marketing. Ricordate che il successo finanziario dipende non solo dalle entrate totali, ma anche dall’efficienza nell’utilizzo dei posti a sedere disponibili. 

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