Il mio punto di vista su una attività che possiamo a tutti gli effetti considerare marketing a bassissimo costo. In Italia possiamo e dobbiamo dare molta più importanza a questa tecnica comunicativa che può realmente fare la differenza nel nostro settore e trasmettere una cultura del buon cibo che può solo alzare la qualità a beneficio e vantaggio di tutti. A noi gli argomenti non mancano! Proviamo a raccontare una storia.
Lo “story-telling” cioè l’arte di raccontare una storia relativa a qualunque cosa, ma nel nostro caso ad un bene o servizio, mai a caso ed avendo regole ben chiare e fini ben identificati. Dal punto di vista della comunicazione si parla di aziende, di brand, di prodotto, di persone, di eventi. Ovviamente nel caso turistico se lavori in una dimora storica con ristorazione, proponi prodotti del territorio che sono magari anche presidi slow food o eccellenze nazionali, parti avvantaggiato, e se non lo fai già, peste ti colga! Ma le storie da raccontare si trovano un po dappertutto basta saperle cercare e più che altro, raccontare.
Come già accennato in altri contributi analizzando qualche piattaforma distributiva, nei loro cataloghi si trovavano anche prodotti locali a filiera corta, non usate la dicitura km 0 per favore che è stata pura operazione commerciale. Infatti, salumi ed insaccati, legumi, frutta e verdura di fiera corta e produttori locali, sono ben rappresentati nei listini formulati dalle aziende di forniture alimentari anche per la ristorazione collettiva.
In una storia efficace dobbiamo sicuramente tenere ben in mente Il prodotto o servizio che la storia vuole narrare: può essere un piatto tipico o solamente un ingrediente in esso contenuto, il locale, il territorio, il proprietario, il modo di gestione familiare, ecc., bisogna analizzarne le caratteristiche distintive e quelle penalizzanti allo scopo di progettare una narrazione efficace e coerente, diciamo veritiera. Sono quindi necessari un soggetto, una trama, una sequenza temporale, un contesto territoriale e l’esplicitazione del perché tutto ciò avviene. Diciamo quindi che già tra pomodoro, polenta e vino ce ne sarebbe a iosa per quasi la totalità dei ristoranti della nostra amata penisola, isole comprese. Pensate alla storia della pasta o della pizza che ci accomunano da nord a sud, sulle quali ognuno ha contribuito e contribuisce ad una sua variabile territoriale egualmente efficace. Ovviamente non trattiamo di questo ma diciamo che in Italia gli argomenti non ci mancano, qualche numero per mettere a fuoco il soggetto:
Tre colture di base, mais, riso e grano e tre specie animali, bovini, suini e pollame rappresentano la maggior fonte di energia alimentare nel mondo ed è per questo che la nostra biodiversità rappresenta la differenza, la creatrice di valore aggiunto, l’elemento di curiosità. Non è questo il posto dove snocciolare informazioni circa il fatto che abbiamo circa 5000 prodotti alimentari tradizionali e 400 vini Docg o Doc. Un patrimonio unico le cui informazioni sono ricercabili nella storia, nella leggenda, ma anche nella finzione intesa come costruzione pure recente di tradizioni, narrate, appunto (leggi story-telling) , come millenarie.
Studiare un prodotto a partire dalla sua storia, quando è stato introdotto o a quando risalgono le sue prime tracce, come si è contaminato, come si è evoluto e come è oggi sono caratteri essenziali di una storia avvincente. In questa narrazione ideale dobbiamo costruire qualche ancora mentale, magari con qualche data o avvenimento storico conosciuto, ad esempio. Comprendetene la relazione con il territorio, magari con qualche escursione presso i luoghi di produzione o coltivazione sia per poterli raccontare e descrivere, ma anche per conoscere chi l’attività la porta avanti, stringere contatti, negoziare forniture ecc. rappresenta qualcosa da fare e da far fare al proprio team, anche in ottica di promozione e vendita.
Tracciamone l’evoluzione attraverso la Storia, quella con la S maiuscola, considerata come insieme di tempo e spazio (componenti sociali, economiche e culturali, oltre al territorio) che interagiscono tra di loro e con l’elemento che vanno a modificare. La nostra cucina regionale ha la possibilità di una narrazione completa con componenti che si muovono insieme per collaborare alla realizzazione dei prodotti che abbiamo sul territorio e sulle nostre tavole. Che sia una carbonara, un buon street food, una pizza, o una bevanda quello che vogliamo presentare, ancor più che un piatto tipico regionale o comunale anche declinato nelle sue variabili rionali, possiamo in esso scorgere tutti gli elementi su cui costruire una buona ed avvincente storia.
Appunto, lo story-telling nella ristorazione come apprezzabile strumento di marketing della tua attività. Abbandonando anche lo stile del sommelier troppo nozionistico e tecnico che ci spiega gusti, sentori a volte cenni sulla vinificazione o ancora accoppiamenti e suggerimenti di consumo riconducibili ad esperienze soggettive oppure a informazioni standard del produttore. Meglio ricondurre tutto ciò ad una narrazione organica di una storia su un determinato prodotto.
E questa storia fa parte della esperienza che il cliente vuole vivere come unica, vera, esclusiva, da ricordare e, cosa più importante, da voler ripetere. Possiamo perciò parlare di turismo eno gastronomico esperienziale che non si limita più alla sola degustazione di un prodotto, ma ne vuole conoscere la storia, il territorio e le sue mutazioni nel tempo. Se volete, un turismo colto che mangia con la testa e gradisce anche l’ estetica (leggi impiattamento, presentazione), anche figlio della velocità globalizzata delle informazioni che chiede di vivere una esperienza di enogastronomia autentica. Dopotutto non mangiamo per vivere ma l’esatto opposto. www.gestioneecontrollo.com